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 GENZANO DI BASILICATA- Cronografia - di Ettore Lorito

PARTE TERZA

CAPITOLO VI

LA CAPPELLA DI MARIA S. S. DELLE GRAZIE

    In fondo al Corso Vittorio Emanuele si erge la Chiesa intitolata a Maria S.S. delle Grazie, Protettrice del paese.

    Venne costruita tra la fine del 1600 e l'inizio del 1700 e rifatta nel 1821 e, quasi completamente riedificata in conseguenza del terremoto del 16-12-1857.

    La facciata, ornata di nicchie e di una finestra circolare al centro, ha, alle estremità, due campanili bassi, uno vuoto, l'altro con tre campane costruite nel 1852; due di esse furono nuovamente fuse, una nel 1910 l'altra nel 1934.

    Sul portale dei tempio si legge la sublime preghiera di S. Bemardo:

«Donna, se tanto grande e tanto vali,

che qual vuol grazia ed a te non ricorre

sua disianza vuol volar senz'ali».

Dante

    La Chiesa riceve luce anche dalle quattro finestre collocate a destra e a sinistra dell'unica navata, e da quella soprastante all'altare maggiore, perciò è ricca di aria e di luce e, per la sua semplicità, piace molto specialmente perché ha un aspetto festoso.

A sinistra, entrando, si nota una bella acquasantiera in pietra a due pezzi, a forma di calice piatto, opera veramente artistica del 1698.

    In fondo la Cappella si presenta a forma di croce con le braccia accorciate.

L'abside centrale è piatto; su di esso, nel mezzo di un finto mantello araldico sormontato da una corona e sorretto da quattro Angeli (1), vi è collocato. in nicchia più volte vetrata, l'Effige di Maria S. S. delle Grazie.

    È un bel quadro bizantino in cui la Vergine, a mezzo busto, e il Sacro Infante sono dipinti in modo meraviglioso, sopra una pietra levigata.

    Trattasi dell'Effige rinvenuta a Capo d'Acqua il 25 marzo del 1621 (2).

    Anche questa chiesa aveva le sue dotazioni a quanto si legge negli strumenti dei notai Giulio Cesare Cavallo e Ascanio Siano, rispettivamente del 9 ottobre 1625 e del 14 agosto 1663 e come si rileva dalla platea del 1822, sfuggita all'incendio del 1825, dalla platea del 20 luglio del 1873 compilata ai pubblici agrimensori: Raffaele Parisi, Giuseppe Polini e dai «prattici» Teodoro Palma e Pasquale Cilla per incarico dell'amministrazione della Congrega di Carità di Genzano.

    Le tenute erano: 1 ° Il Quatrone, alla Mattina Grande, di torri 168 stop. 4 e misura una -  2° a Volpe Chiara, sei appezzamenti rispettivamente di tomoli 38 e stoppelli 4; di tom. 30 e stop. 3; di tom. 12 e stop. 1; di tom. 14 e stop. 2; di torri. 46 e stop. 7 di tom. 20 -  3° Al piano della Cerzolla: uno di tom. 69, stop. 7 e mis. 1 ; uno di t. 84, st. 7, mis 1 - 4° Alle Recchiagini un appezzamento di t. 46, st. 7 -  5° A Festola, un appezzamento di t. 37 - 6° Altri 9 appezz. in altre contrade, in tutto 16 tenute, come riferisce l'avvocato Stringari a pagina 12 della memoria a stampa compilata a Napoli il 12 maggio dell'anno 1880.

    In detta Cappella si svolgono le cerimonie più importanti comprese le patriottiche e, nella settimana della Pasqua delle Rose, le solenni Feste Patronali che si iniziano col pellegrinaggio al Santuario di Monteserico, e col solenne ricevimento ai fedeli del Comune di Forenza che, ogni anno, «processionalmente si recano a pregare ai piedi di Maria S. S. delle Grazie».

    Nella Chiesa di Maria S.S. delle Grazie trovasi anche l'Effige di S. Antonio Abate, prottettore del paese, la cui festività ricorre il 17 gennaio.

    E' sede della Confraternita di Maria S. S. delle Grazie, dalle insegne azzurre, aggregata all'Arciconfraternita di S. Maria del Gonfalone di Roma con bolla del 20-9-1621.

    Apprendiamo da un componimento dialettale di ben 70 quartine, scritto dal contadino Donato Rizzo, che in detta Cappella, l'11-5-1845, il giorno della festività di Maria S.S. delle Grazie, successe un grave disastro che costò la vita a 30 persone.

    Durante la Messa solenne, mentre un valente oratore stava facendo il panegirico della nostra Protettrice, cadde una candela accesa e diede fuoco ad un drappo; in pochi minuti l'intero addobbo della Chiesa andò in fiamme.

    Senza tener presente che nessun danno serio si correva, perchè il Tempio era ed è costruito tutto in muratura, l'arciprete del tempo si mise a gridare: «Chi vuole la vita esca fuori».

    Ciò determinò la catastrofe, i fedeli, presi dal panico, si precipitarono verso l'unica uscita allora esistente e nella fretta di guadagnare subito la strada calpestarono ogni cosa.

    Naturalmente «i vecchi, i bimbi, le donne incinte, i deboli soffrirono i maggiori danni».

    Pel fatto che i caduti ostruirono l'uscita oltre ai trenta morti, vi furono circa 200 feriti tra i quali anche i cittadini di Banzi, Palazzo S. Gervasio, Oppido, Tolve, Montepeloso, Spinazzola, Forenza, Acerenza.

    Il disastro sarebbe stato ben più grave se il Comandante Mennuni non fosse riuscito, con la sciabola alla mano, a disciplinare alla meglio la uscita e a disporre i primi soccorsi.

    Il Rizzi ebbe a deplorare la condotta dei monaci di S. Francesco che, pur di uscire presto dalla Chiesa, calpestavano i caduti «zumpanne coma Giudei».

    Il Decurionato, con deliberazione del 22-5-1845, assegnò un sussidio alle famiglie povere rimaste prive di sostegno in tale occasione e in proporzione del numero delle persone che componevano le famiglie colpite.

    Così alla famiglia di Rosa Calviello si dettero tomoli quattro di grano; a quella di Angela Battaglino, tomoli sei; a quella di Maria Giuseppa Marchione, tomoli tre; a quella di Maria Antonietta Lepore, tomoli quattro.

    La cappella rimase interdetta e la Confraternita si sciolse.

    La Chiesa venne riaperta al culto nel 1850 e la Confraternita fu ripristinata come risulta dal seguente Regio Decreto redatto su carta bollata di grana sei.

Ferdinando II

    Per grazia di Dio, Re del Regno delle Due Sicilie, di Gerusalemme, Duca di Parma Piacenza, di Castro, Gran Principe Ereditario di Toscana,           ,

    Veduto l'avviso del Consiglio di Stato, sulla proposizione del nostro Direttore del Ministero e Real Segretario di Stato dell'Interno, Ramo Interno

    Abbiamo risoluti di decretare e decretiamo quanto segue:

Articolo 1

    Accordiamo il nostro Sovrano Beneplacido sulle regole della confraternita di S. Maria delle Grazie da ripristinarsi nel Comune di Genzano, Provincia di Basilicata, secondo il progetto annesso al presente decreto.

Articolo II

    Il nostro Direttore del Ministero e Reale Segretaria di Stato dell'interno Ramo Interno, è incaricato dell'esecuzione del presente decreto.

Firmato: FERDINANDO

    II Direttore del Ministero e Reale Segreteria di Stato dell'In­terno ramo interno, firmato: Murena.

    Il Ministro Segretario di Stato, Presidente del Consiglio dei Ministri, firmato: Fortunato.

Napoli, 19 giugno 1850.

 

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(1) Dal 1945 completamente trasformato

(2) Da alcuni è ritenuta opera di S. Luca.