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 GENZANO DI BASILICATA - Cronografia - di Ettore Lorito

PARTE TERZA

CAPITOLO I

IL CLERO CAPITOLARE

    Nell'età di mezzo il Clero rappresentava grandissima parte della vita dei paesi anzi era il centro di ogni attività cittadina.

    Il nostro Clero Capitolare fu sempre fiorente per il numero, il valore, l'autorità dei suoi componenti e perciò potente e temuto.

    Godeva quasi tutte le munificenze delle chiese cattedrali: arciprete, cantore, vicario foraneo, sagristano, cancelliere.

    In seguito all'accordo del 31-3-1818 tra la Santa Sede ed il Re Ferdinando I di Borbone, la «Mater Ecclesia» divenne ricettizia numerata e si ridusse il numero delle dignità all'arciprete, al cantore, che rivestiva nello stesso tempo la carica di Vicario foraneo, al procuratore, che aveva anche le funzioni di cancelliere e si ridusse il numero dei partecipanti.

    Aveva un modesto patrimonio, proveniente dal fu Genziano (signore del luogo)(1), che veniva amministrato, per turno, da un sacerdote nominato, il dì sette settembre di ogni anno, dal clero e chiamato «procuratore».

    Esistono nell'archivio della «Mater Ecclesia  due platee dei beni che possedeva: una del 1687, fatta compilare dall'Arciprete del tempo, Rev. Dott. Don Giovanni Angelo Buccino, l'altra, del 1778-1779, ricavata dalla precedente a cura dell'Arciprete Don Nicola Ciola e del Cantore Don Nicola Saluzzi.

    In casa Polini trovasi la platea di tutte le terre del Rev. Capitolo con le rispettive piante, compilata nel 1734 dal R. Compassatore Berardino Ferrara a cura dell'Arciprete Scazzariello.

    Il Clero di Genzano, dal 1600 ai primi anni dell'attuale secolo, é stato composto di non meno di sette e sino a 14 Sacerdoti, oltre i Chierici.

    Tutte le famiglie nobili e benestantì hanno avuto in casa un Sacerdote e, spesso, due contemporaneamente.

Tra le dette famiglie, in ordine alfabetico, ricordiamo:

Albani, Amabile. Bonifacio, Buccino, Buonvicario, Buonvicino, Calogero, Chiaro, Ciola, Decameraris, Delalla, Dell'Agli. Deloparco, Delucia, Denozza, Dipierro, Falanga, Francia, Franzini, Gigante, Giordano, Lagala, Lanubile, Lanzillotti, Latilla, Lepore, Marchione, Menchise, Mennuni, Montano. Nozza, Nuzzi, Olita, Pallotta, Palma, Passeri, Petraccone, Polini, Sabino. Saggese, Saluzzi, Sarrocco, Sannella, Scardinale, Scazzariello, Tufanisco, Vitticano.

    Erano stati ammessi a far parte del clero i Padri: Dipierro Gerardo, Francia Luigi Maria, Nuzzi Giuseppe, Pallotta Michele, provenienti dal soppresso Convento dei Riformati di S. Francesco.

    Tra i monaci ebbe fama di latinista, di bravo musicista, di dotto in teologia, nelle matematiche e nelle scienze, il Padre Pallotta Antonio, Provinciale.

I suoi Panegirici e il quaresimale, dati alla stampa, formano anche ora l'ammirazione dei competenti e sono la fonte preziosa ove si attingono gli spunti e le ispirazioni per le orazioni sacre.

    Durante i moti politici del 1799 e quelli che si susseguirono dal 1821 in poi, il Clero Capitolare di Genzano non rimase estraneo; le nuove idee che agitavano i popoli trovarono eco nell'animo di gran parte dei nostri Sacerdoti.

    Lo stesso avvenimento verificatosi il 20 settembre del 1870 non commosse eccessivamente il Clero ormai preparato alle più ardite riforme.

Dato lo spirito di moderazione al quale i Sacerdoti ispirarono sempre la loro condotta, non si ebbero a lamentare persecuzioni dolorose e nemmeno episodi rumorosi, tanto che essi vennero fatto segno anche alla benevolenza del Governo del tempo, come risulta dal seguente decreto:

Copia: «Caserta, 7 mangio 1851. Ferdinando II per Grazia di Dio Re del Regno delle due Sicilie, di Gerusalemme, Duca di Parma, Piacenza, Castro; Gran Principe Ereditario di Toscana: Sulla proposizione del nostro Ministro di Stato degli affari Ecclesiastici, e della Istruzione Pubblica.

    Abbiamo risoluto di decretare, e decretiamo quanto segue: Udito il Nostro Consiglio Ordinario di Stato.

    Articolo 1) Permettiamo all'Arcivescovo di Acerenza e Matera di concedere al Clero della Chiesa di Genzano la Insegna dell'Almuzio di color violetto con cappuccio, e fregio di ermellino: ben inteso che di tale insegna non potrà esso Clero far uso, se prima spedita non abbiasi la Real Cedola permissiva per mezzo del Ministero, Nostro Ministro di Stato degli affari Ecclesiastici, e dell'Istruzione Pubblica.

    Articolo II) Il Nostro Ministro Segretario di Stato degli Affari Ecclesiastici e della Pubblica Istruzione è incaricato della esecuzione del presente decreto.

Firmato: Ferdinando

    Il Ministro Segretario di Stato, Presidente del Consiglio dei Ministri:

Firmato: Marchese Fortunato

    Per Certificato conforme: Il Ministro Segretario di Stato degli Affari Ecclesiastici, e dell'Istruzione Pubblica.

firmato: Ferdinando Troia».

    La cedola permissiva dell'Insegna accennata nel soprascritto decreto è del seguente tenore:

Copia: « Ferdinando II per grazia di Dio Re del Regno delle Due Sicilie ecc. ecc.

Ai diletti Ecclesiastici componenti il clero della chiesa di Genzano.

    Siccome siamo stati assicurati del vostro zelo, ed impegno nell'esercizio del Sacro Ministero, e della vostra lodevole condotta, abbiamo perciò con decreto del dì 7 maggio 1851 permesso al vostro Ordinario Arcivescovo di Acerenza, e Matera di concedere a voi la insegna dell'Almuzio di color violetto con cappuccio, e fregio di Ermellino.

    Ed acciocché poi rimanga presso di voi perpetuo documento di questa Nostra Sovrana degnazione, abbiamo ordinato di spedirsi il presente Diploma da Noi sottoscritto, munito del Nostro Reale Suggello, riconosciuto dal Nostro Ministro Segretario di Stato degli Affari Ecclesiastici, e dell'Istruzione Pubblica e col quale Diploma Comandiamo a tutte le autorità, ai Magistrati, ed agli Ecclesiastici, cui spetti, di riconoscervi, e garantirvi nell'uso della accennata Insegna.

     Napoli 16 luglio 1851: Ferdinando.           

    Troia Ferdinando

    Registrato a foglio 45 - V. N. 102.

    Il Re permette all'Arcivescovo di Acerenza e di Matera di concedere un'Insegna Ecclesiastica al Clero della Chiesa di Genzano.

    Vi è il Suggello.

    N. 83. Si è dal Clero di Genzano adempito al pagamento del diritto in Ducati 199, e Grana ventotto ai termini delle generali istruzioni a me partecipate da Sua Eccellenza il Ministro delle Reali- Finanze.

    Napoli, 12 luglio 1851.

    Il Controlloro: Pasquale Ferro

 Vi è il Suggello

    1851. Nel 12 luglio si è pagato il diritto per la Real Cedola in Ducati 199, e Grana ventotto, giusta la Ministeriale».

Segue, in data 22-10-1851, la bolla della R.ma Curia di Acerenza, che omettiamo, e l'atto del possesso dato al clero di Genzano dell'accennata Insegna nel giorno 23 ottobre dell'anno corrente 1851:

    «Si certifica da me sottoscritto in qualità di Segretario assunto dal Clero, come nei giorno 23 prossimo passato ottobre S. E. Reverendissima Monsignore nostro Arcivescovo diede il possesso dell'Insegna al Rev. Clero della Parrochial Chiesa di Genzano. Onde per futura memoria.

Genzano, 24 ottobre 1851

    Luigi Maria Francia: Segretario

Il Cancelliere del Clero NATALE Sacerdote TUFANISCO

Vi è il suggello»

    In conseguenza della legge del 15-8-1867 furono soppressi tutti gli enti religiosi e i beni della Chiesa, del Clero Capitolare, degli Ordini religiosi vennero incamerati dallo Stato italiano.

    Ai sacerdoti ed agli altri religiosi superstiti di Genzano fu assegnata, vita lor natural durante, una modesta pensione nella misura di lire 0,75 al giorno.

    All'arciprete curato si assegnò una Congrua di cento Ducati (lire 425) all'anno; a ciascuna delle suore di S. Chiara lire 479 all'anno; alle due serve interne: Coccia Chiara e Amabile Vincenza, rispettivamente lire 236 e lire 239 annue.

STATO ATTUALE DEL CLERO

    Dopo la guerra del 1915-1918, per assoluta mancanza di sacerdoti, si consentì a padre Michele Menchise da Genzano di far parte del Clero secolare in qualità di coadiutore del parroco Pizzulli rimasto solo.

    Attualmente vi è il solo arciprete don Nicola Tarricone, da Poggiorsini (Bari).

    Del nostro Clero si ricorda spesso la classica figura di don Giuseppe de Lucia (morto il 1905 nella tardissima età di anni novanta) le cui principali caratteristiche vennero riassunte dallo scrivente, allora studente, nei versi dialettali che seguono:

DON GIUSEPPE DE LUCIA

Don Giseppe è nu prèute curiuse

Mette l'allegrie nda lu paise;

Brutte, lurde, uneste ma zilluse

Spisse merete di murè accise.

 

Quanne s'arrabbie ià piriculuse.

Sembe fedele a' libirale,

Contre de le latre, de le maffiuse

Luttave nda la uardia nazionale.

 

La casa sove nu mussée pare

Chiene d'accitte scoppitt e pugnale;

E minz'a st' armaminte  assaie rare

Nisciune maie riceviie male.

Di figlie ne tene sette pricise,

A ogni pizze hàve nu fiddùne;

Se ne fuscève na notte ngammise

A Gravine ngappate a lu masùne.

 

Anche mo ca le tremene le gamme,

Da la finistridde de lu sulàre

Quanne la notte s' addorme la mamme,

Chiame la atte e nghiane la cummare,

 

La sere ca la mamme fu ntirrate

La mice purtarene lu cunsùle,

E doppe na sulenne mbriacate

Lu fecere ballà a sul'a sule!

 

Sup'a la porte de la cas'afflitte,

Quanne mart'u portarn' u compisante,

De la prèute scriven' u ditte:

«Cuverne latre, ma pape (2) briànte»

 

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(1) R. Compassatore Ferrara 1734

(2) Alludeva a Pio IX che aveva deluse le speranze dei liberali italiani