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 GENZANO DI BASILICATA- Cronografia - di Ettore Lorito

PARTE PRIMA

CAPITOLO V

IL MONTE SERICO PASSA IN DIRETTO DOMINIO DEI CENSUARI

    Con la legge 26-2-1865 il Tavoliere, e quindi il Monte Serico, venne prosciolto dal vincolo fiscale e si consolidò nei censuari il diretto dominio.

    Il Comune di Genzano, nel termine perentorio di 6 mesi, poteva chiedere l'accantonamento dei terreni boschivi per la liquidazione degli usi civici sul Monte Serico.

    Osserva l'avv. Marotta, che il Sindaco del tempo, Nicola Saverio Polini, perchè direttamente interessato nella controversia, si ridusse a intimare l'azione per l'affrancatura al Direttore del Tavoliere il 24 agosto, solo due giorni prima della scadenza del termine assegnato dalla legge.

    Si mosse unicamente perché spinto dagli altri rappresentanti del Comune e da alcuni animosi cittadini che, tre anni dopo, il 14 marzo, per la tutela dei loro diritti, fondarono una fiorente Società di Mutuo Soccorso.

    Il malumore cittadino per questo tardivo ed impreparato intervento in affare di così grave importanza, assunse forma allarmante ed il Polini, tanto per smorzare i bellicosi ardori, pensò di far quotizzare la Difesa delle Ralle, ove, come afferma il Giustiniano nel Dizionario altre volte citato, si cacciava « volpi, lepri, pochi lupi e ogni sorta di pennuti ».

    Quotizzata la Difesa delle Ralle al Comune venne meno l'entrata annua di ducati 3000 che da essa ricavava e, per esigenze di bilancio, fu necessario gravare i beneficiati di un piccolo canone annuo in conformità di quanto il Consiglio Comunale aveva stabilito in data 20-5-1863, canone che tuttora si paga. (Vedi deliberazione del Consiglio in data 28-5-1865).

    Ma il provvedimento della quotizzazione delle Ralle non poteva giovare in equa misura al popolo che aveva bisogno di molti terreni per lavorare, terreni che erano a portata di mano e che gli spettavano in base all' articolo 1336 della legge civile abolita, ma che era in vigore quando furono manomessi i diritti del popolo di Genzano per opera di chi li doveva promuovere e difendere.

    Si iniziò per il nostro Comune il Calvario dei giudizi. La Prefettura di Basilicata dichiarò la competenza di quella di Foggia ed il Comune nominò suo Procuratore l'agente demaniale Marotta che conosceva a fondo la quistione di Genzano.

    La Prefettura approvò la nomina dell'Avvocato Marottta che, con i rappresentanti del Governo municipale, si recò a Foggia.

    Cominciarono le subdole manovre: si rifiutarono le copie degli atti pubblici, dei decreti emanati ed esistenti negli archivi dello Stato e del Tavoliere, si minacciarono i Consiglieri Comunali e l'Agente Demaniale ed infine si giunse a trasferire in Sardegna il Consigliere di Prefettura Alfonso Galasso, Delegato a reggere l'Ufficio Demaniale di Potenza, perché favorevole ai Genzanesi, indi fu destituito l'Agente Demaniale Marotta che, col consenso del Prefetto di Potenza, cav. Veglio, aveva assunto l'incarico di rappresentare il nostro Comune e si era recato a Foggia al riguardo.

    Il Marotta, indignato per le ingiustizie che si consumavano in danno del nostro paese, volontariamente assistette i genzanesi nei vari giudizi che si sono protratti sino ai nostri giorni, con i suoi preziosi pareri e con le dotte pubblicazioni che destano anche oggi ammirazione per la rara competenza in materia demaniale, per il coraggio civile e l'amore verso la giustizia.

    Ed in verità l'avv. Marotta non si limitò a difendere il buon diritto di Genzano nelle liti già iniziate, ma volle anche indicare le rivendicazioni alle quali il nostro paese aveva allora ancora diritto.

    Infatti raccomandò «il riscatto della cava di pietre soprastante alla fontana di Capo d'Acqua e nelle sue adiacenze, usurpata da Don Girolamo dell'Agli, giacché detto Signore non si trovava nelle condizioni indicate dall'Art. 51 delle 'istruzioni emanate il 3 luglio 1811».

    Raccomandò ancora di chiedere "la liquidazione degli usi civici sulla Mattina di Ripa d'Api, ed il riscatto dei 4 carri di terreni annessi alla Chiesetta di Monte Serico, usurpati dal Cafieri".

Genzano, grato al generoso e benemerito avvocato Marotta, lo nominò socio onorario della Società di Mutuo Soccorso, che fu, per molti anni, il centro della vita cittadina.

    Supplica che i cittadini di Genzano indirizzarono alla prima Camera dei Deputati del Regno d'Italia in Firenze a proposito dei diritti civici sul Monteserico.

     "I qui sottoscritti e croce-segnati cittadini del comune di Genzano, in Provincia di Basilicata rassegnano quanto segue: Essi ab antiquo esercitavano - come tuttavia sono ridotti ad esercitare soltanto su quella infinitesima porzione rimasta non dissodata - degli usi e diritti civici sulla vasta estensione del Monteserico - già costituente parte del Tavoliere di Puglia - ov'è sito appunto il loro paese.

    L'esercizio dei medesimi estendevasi su la parte boscosa e su l'erbosa; su la prima consistente in raccogliere legne secche morte a terra e selvatico; sulla seconda nel fogliare, raccogliere ferule ed altri prodotti selvatici della terra.

    Tali diritti venivano riconosciuti con sovrano provvedimento fin dal 1798, convalidati dalla Giunta del Tavoliere di Puglia nel 1807, e solennemente sanzionati ne' singoli con tratti enfiteuci che i censuari man mano stipularono col dominio diretto, con la espressa clausola che questi dovevano dissodare soltanto il quinto della tenuta erbosa, rimanendo saldi li quattro quinti per uso di erbaggio su cui esercitarsi da' Genzanesi i ripetuti dritti.

    In seguito il Governo Borbonico, mentre aveva inibito le dissodazioni successivamente le venia concedendo mercè il vieto sistema dell'indrigo e della corruttibilità de' pubblici funzionari, tanto che la parte erbosa trovasi ora ridotta da quattro quinti a un quinto mercè una scandalosa dissodazione fatta in detrimento positivo de' menzionati dritti civici già nominati in conseguenza del cangiamento di natura del suolo.

    Si aggiunge che l'ingordigia de' censuari, dopo di aver manomesso i dritti cittadini su la parte erbosa dissodandola, hanno, con vandalica scure, distrutto buona parte del bosco S. Lorenzo che fa parte del Monteserico introducendovi benanche l'aratro.

    Ora essendosi appreso dai giornali del Regno come la Camera de' Deputati abbia preso in considerazione la proposta del Deputato Signor "de Peppo" su l'affrancazione del canone di che è gravato il Tavoliere di Puglia, i cittadini di Genzano producono speciale reclame, acciò la Camera adotti le misure necessarie perché si abbia ragione della perdita de' dritti in parola da tempo immemorabili esercitati e legalmente riconosciuti, prescrivendone una liquidazione specifica; e compensandoli con una riseca e accantonamento di una parte de' terreni di Monteserico proporzionati al capitale rappresentante il valore de' dritti civici cui questa parte del Tavoliere va soggetta, sia nel caso che la Camera adotti la massima dell'affrancazione, sia che questa venga rigettata, ed i terreni rimangano nello stato in cui sono.

    In tal modo il terreno distaccato ed accantonato, ripartendos'in quote tra i cittadini di Genzano meno agiati, soddisfarebbe una delle più fervide e sentite aspirazioni di essi nel possesso di una terra che li è dovuta, ove lavorare un pane pe' propri figli, e vivere nel consorzio civile di quell'attività industre ed operosa vita, cui l'opera della Provvidenza, gl'incessanti voti e sacrifici del popolo italiano, ed i fermi ed efficaci propositi del più leale - e valoroso de' Sovrani, guidano questa eletta Nazione.

    La speranza di questi cittadini è eminentemente fecondata dallo spirito di giustizia e di patriottismo che informano l'italiano Parlamento cui non può essere estranea la sorte del popolo in generale, e precisamente quella de' paesi che volentierosi gettavano la prima pietra all'edificio nazionale, e non vi ha palpiti e dolori che non abbiano provato, e sacrifici consumati con rassegnazione, costanza e fermezza su l'altare della Patria.

Genzano, 27 maggio 1871. (Seguono le firme)

    Nicola Laginestra, agrimensore; Nicola Tufanisco, dottore medico cerusico; Pasquale Carcuro, veterinario; Gerardo Tufanisco, farmacista; Domenico Denozza; Nicola Maria Carcuro, colono; Vito Magistro, colono; Vito Canio Trusolini, colono.

    Segno di croce di:

Giovanni Lepore, colono; Gaetano Lasalvia, colono; Antonio Latilla, proprietario; Nicola Menchise, colono; Natale Nardulli, colono; Rocco Maria Lepore, colono; Donato Maria Nuzzi, flebotomista; Antonio Delucia; Liborio Falanga, colono; Michele Melchiorre, proprietario" (1)

    Anche la supplica rimase lettera morta ed il Comune fu costretto a salire il calvario dei giudizi.

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(1) L'originale della riportata lettera trovasi in casa del defunto farmacista: Tufanisco Camillo.