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Il Romanzo di Monteserico, SOTTO L'ARCO DI EROS di Ettore Lorito

 

Una partita di caccia

 

    All'alba del giorno successivo all'arrivo degli ospiti, la campanella del castello suonò l'adunata ed i partecipanti alla partita di caccia si affollarono giù nella corte ove mugolavano, festanti, le mute dei cani tenuti a guinzaglio e scalpitavano, mordendo il freno, i generosi destrieri.

    La comparsa della contessina, in abito di velluto azzurro e con un cappello piumato della medesima tinta, fu salutata da un lungo mormorio di ammirazione che toccò, profondamente, il cuore dell'innamorato marchesino.

    Mai amazzone, per quanto dipinta da mano maestra, poté uguagliare la bellezza di Clotilde; la stessa Diana non avrebbe potuto reggere a confronto della a fata di Monteserico ».

    La campanella squillò una seconda volta e la comitiva si slancio verso la vicina foresta, la contessina cavalcava tra il fratello e Gastone, ma partecipava, con garbo e discrezione, alla conversazione generale.

    Per la sua indiscussa valentia, durante la battuta, le venne assegnato uno dei migliori posti e la nobile fanciulla seppe essere all'altezza dei compiti a lei affidati.

    La partita continuava, da qualche ora, accanita e numerose vittime cadevano fulminate dai colpi precisi dei cacciatori, che gareggiavano in bravura.

    Verso « Fontana Vetere » si seppe della presenza di alcuni lupi che, nel giorno precedente, avevano assalito, decimandole, due mandrie.

Il capo dei « Froci », consultatosi con i signori del castello, ne dispose la caccia, nella zona indicata distribuì

i cacciatori a semicerchio per chiudere, nel sottostante burrone, le belve che i cani avevano segnalato.            

    Collocò i migliori tiratori nei punti più elevati della parte chiusa del semicerchio, con l'ordine di non muoversi, di non parlare e di sparare solo nella direzione a ciascuno prescritta. Intanto, dalla parte aperta del cerchio, fece avanzare, sparando in aria e schiamazzando, il resto dei cacciatori, alcuni « froci » e tutti i cani.

    Ad un tratto, proprio in fondo al burrone, un lupo tagliò la strada alla contessina che, con altri due giovani, si disponeva a passare alla parte opposta non sufficientemente guardata.

    L'intrepida fanciulla non si perdette d'animo; fece fuoco, quasi senza mirare, ed il superbo animale cadde, con l a testa spaccata, nel rigagnolo che ivi scorreva.

    Clotilde era appena riuscita a frenare lo scatto del suo impaurito cavallo quando, una seconda belva, dopo di aver sbranato il coraggioso cane che le contrastava il passo, si slanciò contro la fanciulla, ma venne gravemente ferita da un secondo colpo di carabina sparato dalla contessina.

    La ferita inasprì maggiormente il lupo, che, stretto da ogni parte dai cani, azzannò più volte il cavallo di Clotilde, la povera bestia, impazzita pel dolore, tentò la fuga, ma andò a battere la testa contro il tronco di un albero e stramazzò al suolo imprigionando la gamba destra della cacciatrice.

    Gastone, che aveva seguito sempre la cuginetta ed aveva assistito alla pericolosa scena, con un colpo della sua infallibile carabina fulminò l'inferocita belva nell'atto in cui stava per lanciarsi contro la caduta.

    Pochi minuti dopo, mentre la muta dei cani si accaniva a dilaniare il moribondo lupo, Gastone piombò in fondo al burrone, liberò dal peso del cavallo la ragazza svenuta, la collocò sul proprio destriero e via, di corsa, verso il castello.

    Durante il non breve percorso, Clotilde rinvenne e ringraziò il cuginetto, poi si assopì sul gagliardo petto del suo salvatore.

    Gastone stringeva tra le braccia l'agognato tesoro e, mentre desiderava di giungere al più presto al castello, si augurava che quella corsa non finisse mai spesso il vento gli sbatteva sul viso la bruna chioma della ragazza e quelle carezze inaspettate gli riempivano di dolcezza il cuore e gli davano brividi da stordirlo.

    Più volte ebbe la tentazione di posare un lieve bacio sulla pallida fronte dell'amata cuginetta, ma riuscì a dominare e vincere il tremendo impulso.

    Giunti al castello, assicurarono Gastone che si trattava di una slogatura del piede destro, che la gamba era semplicemente scorticata e fortemente indolenzita e che la guarigione della contessina dipendeva, unicamente, da una settimana di riposo.

    Gastone respirò a pieni polmoni e, religioso com'era, andò ad inginocchiarsi ai piedi della Madonnina di Monteserico per la preghiera di ringraziamento.

    A sera, la contessina lo fece chiamare nella sua stanza - Grazie, marchesino, mi ha salvato la vita, - gli disse con le lacrime agli occhi, Gastone s'inchinò profondamente e baciò, con evidente commozione, la mano che gli porgeva l'ammalata.

La presenza della contessa zia e di Elena non gli permise che di rispondere con la solita frase: - Ho fatto solo il mio dovere!

Ben altro, però, dicevano i suoi occhi, Clotilde lo comprese benissimo e si propose di non incoraggiare un amore che poteva solo rendere infelice il bravo e generoso cuginetto, in altra direzione erano orientati i palpiti del suo cuore.

    Passarono, come un sogno, i pochi giorni di permanenza al castello e, quando i cari ospiti presero commiato, diversi cuori erano stati colpiti dai fatali dardi di Eros.

    La vecchia contessa ed il marchese sorridevano di compiacenza, accarezzando il sogno di un duplice imeneo.

    Qualche settimana dopo la partenza degli ospiti, nella gran sala di convegno, echeggiò, argentea e sonora, una fresca risata e Clotilde consegnò alla zia una lettera pervenuta da Genzano del seguente tenore:

 

    Contessina,

evidentemente i miei occhi Le parlarono di amore, l'incidente occorso e la conseguente malattia non mi

permisero di esprimere, a viva voce, quello che il mio animo sentiva per la « fata di Monteserico » sì, l'amo e la farò felice, se avrò l'onore di essere messo alla non comune ed ambitissima pruova.

Il cuginetto

 Marchesino Gastone di Xxxxxx

 

    La zia attirò a se la ragazza, la carezzò e le parlo come una buona mamma.

- Clotilde, è tempo di pensare alla tua sistemazione; non puoi vivere sempre isolata dal mondo, con una vecchia che, tra non molto, si metterà in viaggio per non fare più ritorno, la tua giovinezza ti dà diritto a ben altro, la natura, che ti è stata larga di beni di ogni sorta, ti ha serbato un destino diverso dalla involontaria clausura nella quale sei cresciuta e costretta a vivere per... necessità, per fatalità di cose.

- Ma se sono felice! Se sto bene...

- Non dir di no; non impedire che il destino si compia come per tutte le fanciulle.

- Vedi... Gastone è un giovane che dà pieno affidamento; la sua educazione squisita, la sua bontà, il suo fisico, i suoi beni sono doti ben degne della tua attenzione, pensaci seriamente prima di decidere.

    Clotilde non riesce a nascondere il suo turbamento, nè può opporre alcuna obbiezione alla reale situazione prospettatale dalla zia e ... dolcemente si sottrae alle più che materne carezze; poi, ottenutane licenza, va a rinchiudersi nel suo appartamento.

    Per quel giorno non si fece più vedere e le venne servito il pranzo e la cena nella stanza, ove giaceva sdraiata sul letto, con gli occhi chiusi, ma senza dormire. A tarda sera, finalmente, decise il da farsi; si alzò e scrisse:

    Signor marchesino,

la ringrazio dell'onore che mi fa, ma sono ancora troppo giovane per pensare ad una cosa tanto seria qual'é quella del matrimonio, forse non vorrò mai maritarmi.

Con ogni riguardo

La cuginetta

 Contessina Clotilde dei Sancia

 

    Consegnò la lettera aperta alla zia perché venisse data al corriere che doveva, all'alba, far ritorno a Genzano, poi più calma, ma sempre pensierosa, andò a letto.

    Il sole non era ancora apparso sull'orizzonte quando la contessina si precipitò nella rimessa per la cavalcata mattutina, che fu più lunga del solito, il povero « froce » di scorta sudò non poco per tenerle dietro e non perderla di vista.

    La cavalcata fu piuttosto una corsa, come una corsa sfrenata era il tumulto dei pensieri che agitava la mente ed il cuore della fanciulla.

    Di ritorno al castello, verso la « Regina », s'imbatte in due « froci » che trascinavano, con le mani legate dietro la schiena, un giovinetta accusato di aver rubato un agnello, Clotilde ordinò che il colpevole venisse sciolto, accompagnato al castello e consegnato al cancelliere.

    I « froci » che, da tempo, facevano giustizia in modo assai più semplice, rimasero sorpresi, ma dovettero obbedire.

    L'accusato, per intercessione della contessina, al castello venne trattato, non come prigioniero, ma quale ospite, nonostante appartenesse alla famiglia dei Rucizze, nota per le sue gesta criminose, in tutte le rapine, le grassazioni, i danneggiamenti, i ricatti vi era la mano dei Rucizze e perciò essi erano da tutti temuti e sfuggiti.

    Solo i « froci » davano loro una caccia spietata per quanto pericolosa, il loro odio verso l'infame famiglia era, però, ben giustificato, non molto tempo prima dell'arresto del giovinetto, era accaduto che il capo dei «froci», col pieno consenso degli uomini interessati, si era impegnato in tresche amorose con una immonda donna della famigerata famiglia appellata, per la sua bellezza, la « gemma di Monteserico » e, per qualche tempo, dovette chiudere gli occhi sulle loro gesta criminose.

    Non appena il malcapitato don Fulgenzio accennò a voler riprendere la sua libertà d'azione, non fece più ritorno dal notturno convegno amoroso, né di lui si seppe più nulla.

    L'aria fresca del mattino, il moto, l'aiuto prestato al giovinetto, a poco a poco, calmarono l'agitazione della contessina che rientrò al maniero tranquilla, sorridendo, anzi, del turbamento e dei pazzi pensieri, che l'avevano agitata.

    Dopo il bagno, recando tra le braccia il gatto preferito, entrò nella sala ove Rodolfo suonava il piano.

- Fratello, mi sposo; e tu?

    Il giovane, indispettito perché disturbato dalla sua prediletta ricreazione e perché vede scoperta una piaga che si sforzava di nascondere a se stesso, risponde con un gesto d'impazienza e continua a suonare senza nemmeno voltarsi, allora Clotilde si avvicina al piano, resta a guardare per qualche tempo, poi, ridendo, prende le zampine del gatto e le fa scorrere sui pochi tasti rimasti liberi dal suonatore, Rodolfo si alza per afferrarla, ma la fanciulla, abbandonato il gatto, fugge per la sala. si rincorrono intorno al tavolo fino a quando lei resta prigioniera nelle braccia del fratello.

    La piccola lotta si conclude con la pioggia di baci che Clotilde si accanisce a stampare sulla bocca e sugli occhi di. Rodolfo, Infine, la contessina si distacca dal fratello completamente stordita, con un ronzio negli orecchi che non le consente di stare in piedi, vede la stanza girarle intorno vertiginosamente e si accascia su di un divano, col viso stretto tra le mani, Rodolfo ritorna al piano e, dopo pochi accordi melanconici, intona il minuetto preferito dalla sorella.

    A mano a mano che le note si spandono per la sala, il volto della contessina si rasserena, la melodia le tocca il cuore, lentamente si solleva dal suo giaciglio, si accosta al fratello e lo bacia sulla testa, poi gli domanda:

- Ti piace Elena? La sua bellezza, veramente eccezionale, è pari alla sua bontà.

- Lasciami in pace... e pensa piuttosto al marchesino che ha preparato tutto per le nozze.

- Taci, Rodolfo, non mi tormentare; tu non sai quanto male mi cagionano le tue parole, io non amo, non voglio amare nessuno.

- E perché mai? Gastone, poi, è un perfetto gentiluomo, un partito ideale degno di qualsiasi nobile fanciulla.

- Lo so, Rodolfo, ma non insistere, perché mi arrechi, non volendo, dolore.

- Non ti capisco.

- Meglio così; dev'essere così, lasciami sola nel tormento che mi strazia il cuore e mi tortura la mente, è già troppo quello che soffro. Così dicendo si appoggia, per non cadere, sulla spalla del fratello in preda ad una violenta crisi di pianto.

    Il grazioso corpo, infermo nelle fibre e nel sangue, si agita, sussulta e si attacca a quello di Rodolfo come ad una tavola di salvezza.

    Il conte solleva la fanciulla e la va a posare sul letto della stanza di Clotilde, poi, socchiude le imposte della veranda, bacia sulla fronte la sorella e va via, profondamente impressionato per l'ignoto male che affligge la compagna dei suoi giuochi.

- Sei stanca, riposa e presto guarirai - le dice uscendo dalla stanza.