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Il Romanzo di Monteserico, SOTTO L'ARCO DI EROS di Ettore Lorito

 

Sulla via del peccato

 

    Lo stato di salute della contessina migliorava di giorno in giorno ma, nello stesso tempo, s'ingigantiva nel suo animo l'affetto morboso per Rodolfo.

    Una notte in cui Clotilde non riusciva a prendere sonno, perché torturata, più del solito, dagli strali di Cupido (il tristo figlio di Venere che non risparmiò neppure la madre facendola innamorare pazzamente del giovane Adone), decise di accettare il consiglio della balia, tuttavia aveva paura, come se un grave pericolo incombesse sulla sua persona, sentiva che l'ignota minaccia s'ingigantiva di minuto in minuto, era certa di andare incontro alla perdizione, eppure vedeva una viva luce nella dannazione, per cui decise di osare.

     Fece chiamare la vecchia e le disse: « Ho meditato sul vostro consiglio, se veramente conoscete qualche persona che, a guisa delle famose vecchie Tessale, sappia legare a me la persona agognata, desidero consultarla.

    Dal momento che nessun medico riesce a guarirmi e nessuna persona sa lenire i miei dolori, procuratemi un colloquio con la vostra maga, se veramente mi volete un poco di bene e se desiderate evitare qualche atto fatale per me ».

- L'Eccellenza vostra sarà ubbidita; ma che cosa minaccia di fare?

- Se non riuscirò a domare il duro destino... dovrò scomparire! Le convenienze sociali, o meglio, le menzogne della civiltà, vogliono, ad ogni costo, uccidere il solo, il vero amore luminoso, disinteressato e, tale efferato delitto, rimane impunito.

    Perché? Perchè non viene protetto, in alcun modo, il palpito del nostro cuore - Che vuole che sappia una povera vecchia ignorante? Penso solo che a tutto ci debba essere un rimedio e che non bisogna disperare...

- Allora non rimane che consultare la vostra maga e ... al più presto.

- Sarà servita nel miglior modo che mi sarà possibile e subito.

- Intanto voi, che da cinquant'anni prestate servizio nella nostra famiglia... ditemi qualche cosa dei miei genitori, già di mia madre, per esempio, che nessuno nomina mai, che nessuno ricorda.

- Eccellenza, nulla conosco, tutti sono stati signori magnanimi e generosi e da noi adorati.

- Ma... mia madre, dico, come, quando, dove morì? Qual male la rapi all'affetto del povero babbo mio? La vecchia impallidì, indi si gettò in ginocchio e, baciando le vesti della contessina, sussurrò:

- Mal d'amore, mal d'amore la fece scomparire con l'illustrissimo signor nipote e il babbo... morì di crepacuore!

    Per qualche tempo, si intese il singhiozzare della balia ed il pianto sommesso della contessina, Il male era veramente nel sangue dei componenti quell'illustre casato.

Rimasta sola, la contessina cercò di spiegarsi come mai lei.., fanciulla pura, sia potuta giungere a concepire pensieri torbidi, si disse: forse aleggia intorno a me l'anima della dissoluta regina Giovanna che profanò questi luoghi, sino al punto, di rendere sterile il terreno che calpestava.

    Evidentemente la maledizione del Cielo, che gravò su questi luoghi insozzati, era sì truce che qualche vestigio temibile sia rimasto nella polvere calpestata dalla leggendaria sovrana, dalla «fiamma impura che tutto bruciava», come ora brucia l'anima mia, si vede che sono anch'io bacata nell'anima, così, fantasticando e tormentandosi, si assopì.

    La contessina Clotilde e la balia lavorarono, non poco, a fabbricare progetti per consultare l'indovina di Genzano all'insaputa di tutti, l'impresa si presentava ardua sotto ogni punto di vista. Già si disperava della riuscita, quando giunse al castello un « criato » (1) del marchese di Genzano, don Xxxx, recante una lettera con la quale s'invitava la cugina ed i nipoti a visitare il paese in occasione delle feste patronali, in onore di Maria SS. delle Grazie, che si sarebbero celebrate il due luglio.

    La zia e i nipoti, per differenti motivi, decisero di accettare l'invito, ed assicurarono il marchese, che sarebbero arrivati a Genzano verso il tramonto del giorno trenta giugno.

    Il febbrile lavoro per i preparativi della gita, rasserenò sensibilmente l'animo di Clotilde e contribuì alla sua completa guarigione, tuttavia, la notte precedente al dì fissato per la partenza, la fanciulla non riuscì a chiudere occhio, il pensiero del passo che stava per tentare, la spaventava... ma era decisa a compierlo.        

    Per ingannare il tempo, che scorreva, per lei, con esasperante lentezza, si recò nella biblioteca e prese a consultare, fra i manoscritti, quello che parlava di Genzano.

 

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(1) Dipendente, servitore infimo di un grande casato.