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 GENZANO DI BASILICATA - Cronografia - di Ettore Lorito

PARTE QUINTA

CAPITOLO XII

IL DOPO GUERRA

    Lo stato di disagio causato dalla lunga guerra, la disoccupazione, la crisi spirituale del popolo che pretendeva, non a torto, che la vita si svolgesse con sistemi differenti da quelli fino allora usati, le agitazioni e la propaganda dei partiti detti sovversivi i cui rappresentanti, mentre demolivano le istituzioni esistenti e dimostravano le piaghe della vita pubblica, non ebbero la forza di assumere la responsabilità del potere, crearono, anche nel nostro paese, uno stato d'animo intollerabile.

   Il popolo era in fermento e si temevano disordini da un momento all'altro.

  Si ebbero episodi... rumorosi per l'imposizione di tariffe operaie più umane, pel collocamento della mano d'opera disponibile e per la concessione di mezzadrie e di fitti di terreni a condizioni rispondenti ai nuovi tempi.

    Pel fatto che la locale Sezione del Partito Socialista era capitanata dall'ingegnere Ernesto Troiano, noto idealista del movimento sociale, non si lamentarono disordini veri e propri e, tanto meno, violenze alle persone.

    Ma, oltre alla Sezione del Partito Socialista, esisteva una numerosa Lega di Contadini diretta dal contadino Michele Defelice, alias «Pezza Neure».   

    A iniziativa di detta Lega, il 26 luglio del 1919, a causa dei prezzi della verdura stabiliti dal R. Commissario del tempo, Federico. Bartolo, si dichiarò lo sciopero.

    Non mancarono le solite grida sediziose, il lancio dei sassi e qualche sparo.

    Accorsero i R.R.C.C. e i soldati di scorta ai prigionieri che fecero fuoco sulla folla.

    Per fortuna vi furono solo due feriti tra i dimostranti; un'avvenente signorina, che dal balcone della propria abitazione si godeva l'insolito spettacolo, venne colpita in un punto molto... delicato.

I due feriti appartenenti ai dimostranti, furono curati nell'ospedale civile di Napoli a spesa della Lega.

    Il buon senso della maggioranza dei cittadini ebbe il sopravvento ed il popolo, dopo essersi sfogato in grida più o meno scomposte, fece ritorno a casa.

     Conseguenza? Il mutamento del R. Commissario ed un lungo processo che finì... per sopravvenuta amnistia.

    Ma la tranquillità non tornò ne poteva tornare. Il giorno 4 novembre dello stesso anno, nella chiesa di Maria S.S. delle Grazie, successero altri disordini per cui vennero chiamati e trattenuti nella caserma dei reali carabinieri i capi responsabili.

    La sera i componenti la Sezione del Partito Socialista, affiancati da altri operai e contadini diedero l'assalto alla caserma dei reali carabinieri per liberare i compagni ivi trattenuti.

    Si spararono anche vari colpi di rivoltella e, approfittando dello scarso numero dei carabinieri, si liberarono gli arrestati.

    Ma la reazione del Governo fu pronta ed energica. Immediatamente da Potenza arrivarono numerosi carabinieri e, per due notti e due giorni si procedette alla retata dei presunti autori dei disordini.

    Furono arrestati e tradotti a Potenza una cinquantina di persone. Ne seguì un lungo processo; molti, condannati dal tribunale, in sede di appello vennero liberati per sopravvenuto decreto di amnistia.

    Un anno dopo si ebbe, in forma molto più calma, la chiusura del Municipio, per opera degli ex combattenti, e la cacciata del R. Commissario avv. Ubaldo Milone.

    Anche questa volta si cercò di incolpare persone estranee al fatto, ed il processo finì come i precedenti.

    Ad aggravare lo stato di irrequietezza del popolo contribuirono, non poco, le movimentate elezioni politiche del 1919 e del 1921.

    Stavano così le cose quando avvenne la «Marcia su Roma».