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 GENZANO DI BASILICATA - Cronografia - di Ettore Lorito

PARTE SECONDA

CAPITOLO III

CORTE MARCHIONALE O MARCHESALE

    Tra i diritti innumerevoli che godevano i Feudatari tutti, e quindi anche quelli di Genzano, vi era il «jus» di amministrare la giustizia, in determinati limiti, al feudo.

    Per eliminare, in parte, gli abusi che i feudatari commettevano, la R. Autorità aveva disposto che il «jus»  della giustizia venisse esercitato a mezzo di speciali Magistrati nominati dai feudatari ogni anno, essi Ufficiali componevano la Corte.

    La Corte Marchionale di Genzano era formata dal:

    1°) Governatore, l'antico Capitano, era un giudice di prima istanza e nello stesso tempo di appello per i decreti degli Ufficiali minori dell'Università.

    Nei primi tempi il Governatore si occupò solo delle cause civili e dei piccoli reati penali, poi la sua competenza si elevò su tutti i reati eccetto su quelli di competenza della R. Udienza o della Suprema Corte.

    In conseguenza degli abusi che si commettevano, sino al punto che per reati di piccolissima importanza si arrivava alla condanna del taglio di una mano, di un orecchio, del naso ecc. ecc., sotto il Re Carlo III di Borbone, la competenza del Governatore venne contenuta nei limiti primieramente assegnati.

    Detto Ufficiale provvedeva anche all'esecuzione forzata delle pene pecuniarie, dava esecuzione ai decreti ed alle sentenze emanate dai Tribunali Superiori, ed era incaricato anche delle esazioni fiscali, veniva eletto annualmente dal Re, ma pagato dal Municipio: poteva essere rieletto dopo tre anni dalla cessazione della carica e doveva essere forestiere.

    Tra gli ultimi Governatori di Genzano vanno ricordati, per la loro temperanza: il dotta Biagio Delia di Montemurro (1735) ed il dott. Nicola Bruno (1).

    2°) Il Consultore, o legale, che dava il suo parere nelle cause di competenza del Governatore, dal quale parere non si goteva prescindere quando il Governatore non era dottore in legge.

    A rivedere i deliberati del Governatore, era chiamato, dalle parti il Giudice di 2^ istanza che risiedeva nel capoluogo della provincia (2).

    Contro le decisioni di questo magistrato si poteva ricorrere ai Tribunali Superiori, cioè alla R. Udienza, poi alla Vicaria ed infine al Sacro R. Consiglio.

    Tutte le sentenze di morte o di mutilazione della Marchional Corte non diventavano esecutive se non dopo il riesame dei superiori Tribunali, che avveniva anche di ufficio.

    3°) Il Luogotenente, o Camerlengo, che sostituiva il Governatore, era Ufficiale Municipale eletto ogni anno dai Comizi, come in precedenza abbiamo detto, ma, per abuso, era designato dal Marchese, e quindi era ligio ai voleri del padrone.

    4°) Il «Magister Actorum», che compilava gli atti (cancelliere), gli atti venivano notificati dai serventi della Corte.

DIRITTI MARCHESALI SULLA TERRA DI GENZANO

   Il Feudatario di Genzano, oltre a quello di amministrare giustizia sulle prime e seconde cause, per real privilegio, aveva una quantità di altri diritti i cui principali erano:

    Il «jus» dello scannaggio: tassa di macellazione che si pagava in ragione di sei o di sette grana per ogni animale bovino macellato e circa la metà per ogni pecora, agnello, castrato o maiale ucciso.

    Il «jus» della mongitura: i proprietari degli animali che passavano pel nostro territorio e sostavano, erano tenuti a dare tutto il latte prodotto durante la permanenza.

    II «jus» fornatico: i cittadini avevano l'obbligo di servirsi del forno marchesale e di dare in pagamento un rotolo dì pane per ogni 14 rotoli di pane che mandavano a far cuocere(3).

    Il «jus» portulano: per la raccolta delle immondizie gettate sulle pubbliche strade, ogni famiglia pagava una tassa annua corrispondente al costo di un tombolo di grano, oppure un tomolo di grano.

    II «jus» della sfarinatura: i cittadini aveva l'obbligo di servirsi dei «centimoli » del Marchese dando in pagamento un rotolo di farina per ogni tomolo di grano molito (2).

    Il «jus» della tavema, il «jus» della zecca dei pesi e delle misure.

    Il «jus» della gabella della testa, della terziaria e transitura del vino,

    Il «jus» sui figli di anni 12 in su (3).  

   Il «jus» del passo in contrada Taverna che fruttava da 56 a 102 ducati all'anno (2).

   Il «jus» della strenna, in ducati 40 all'anno, pagati il primo gennaio dall'Università(1).

  Il «jus» della paglia e legna; chi possedeva animali da soma doveva dare, ogni anno, al Marchese due some di paglia (3) o una soma di legna.

    Il «jus» della mezza semenza: i coloni che seminavano nei territori del feudo o in quelli limitrofi, pagavano al Marchese 10 stoppelli o un tomolo di grano all'anno per ogni versura di terreno seminato e la vigesima parte delli lini «sceppati» (3).

    Il «jus» fidando degli animali appartenenti ai forestieri di grana 10 per ogni «bacca» o bove domato messo al pascolo e carlini uno per gli indomiti (3).

    II «jus» della «precesa»: chi doveva bruciare le ,«stoppie» aveva l'obbligo di pagare ducati quattro all'anno al marchese (4).

    Il feudatario riceveva dall'Università il 20 per cento dell'entrare relative alla difesa chiamata Ralle e alle altre del Comune (4).

Esistevano in oltre: II «jus»delle «angarie » e « parangarie »: erano delle prestazioni con mercede le prime, senza mercede le seconde, che i sudditi ignobili facevano al feudatario col regio assenso, e poiché, si trattava normalmente di estorsioni, costituivano una punìzione che il re infliggeva al popolo.

    Per esempio, a Genzano, l'annuo ufficio dell'erario, del camerlingo dei 6 Baglivi (guardie; del Mastrobaglivo (5) erano delle angarie anzi delle parangarie.

    Il «jus» dell'«adhoan» : il feudatario era tenuto, in tempo di guerra a prestare l'opera personale. L'imperatore Corrado tassò in danaro tale servizio in ragione di 6 once per ogni 20 once di rendita del feudo rurale; gli uomini del feudo contribuivano per la metà e, per disposizioni governative, l'«adhoa» non poteva superare i 5 carlini per fuoco (6).

    Vi era anche il «jus» di vietare i matrimoni nel proprio feudo e di impedire di ordinare le vendite, le compere, le locazioni, i fitti (7).

    Per l'esazione di detti diritti i feudatari si servivano di appaltatori che, naturalmente, rendevano assai più gravoso il già pesante fardello.

___________________

(1) Furono governatori di Oppido, degni di rispetto, i Genzanesi: don Canio Ciola (1738); don Filippo Laviano (1745): don Giovanni Laviano (1778): don Giuseppe Gigante, dottore (1784); don Giuseppe Tommaso Latilla, notaro (1785); don Arcangelo Restaino (1797). (Giannone).

(2) Quando la Corte Baronale non aveva il diritto di ricognizione anche sulle seconde cause, per reale privilegio.

(3) Tavolario O. Grasso.

(4) Tavolario De Fusco.

(5) R. Tavolario De Fuxo.

(6) R. Tavolario Grasso.

(7) T. Andreucci.