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 GENZANO DI BASILICATA- Cronografia - di Ettore Lorito

PARTE PRIMA

CAPITOLO IX

IL MONTE SERICO ED IL CAFIERI

    Il barone Dell'Agli-Cetti, il 30-3-1875; vendette al signor Cesare Cafieri di Barletta il suo latifondo di carra 53, versure 18 e catene 18 a lire 660,68 per versura e, posteriormente, per lire 15.000, tutte le vie, i tratturi e riposi colà esistenti, ed appena il nuovo proprietario si insediò nel Castello cominciò a fare molestare dai guardiani i cittadini di Genzano che colà si recavano per l'esercizio degli usi civici che godevano «ab antiquo et memorabili» e ne nacquero lotte a volte sanguinose.    

    In verità le guardie di Monte Serico furono, in ogni tempo, famose per la loro ferocia.

    Come dicemmo nell'altra pubblicazione «Sotto l'arco di Eros» i signori del Castello mandavano in giro numerose guardie a cavallo, antichi baglivi, per proteggere gli armenti e la proprietà dai predoni che infestavano il contado.

    Spesso gli audaci predoni pagavano con la vita le gesta criminose perché dai «Froci», come il popolo li nominava, non c'era da aspettarsi pietà.

    Giustizia sommaria veniva fatta sul posto. Ciò per antichissima consuetudine e forse in omaggio ad un editto del re dei Longobardi, Rotari, del 643 che «autorizzava i danneggiati a uccidere gli autori del danno colpiti in flagranza».

    Veramente l'editto riguardava le manomissioni dei limiti della proprietà, delle siepi, delle strade... ma venne, abusivamente, esteso ai danni campestri in genere.

    Del resto anche la legge delle XII tavole contemplava la pena di morte contro quelli che mutavano la faccia dei luoghi e distruggevano i confini o i termini (1).

    Le guardie del Cafieri volevano, a sproposito, ripetere le gesta dei «Froci ».

    Già in precedenza nel 1870, l'indegno Genzanese Savino Carbone più che fittuario, sicario dei Baroni Dell'Agli-Ceffi, «si arbitrò di ridurre a seminatorio e quindi a chiudere le quattro carra di territorio adiacente alla Cappella e che ne costituiva la dotazione e su cui la popolazione di Genzano, dopo la festa religiosa, era solito di celebrare la fiera; le quattro carra di terreno vennero incorporati nella proprietà dei Baroni e poi del Cafieri e la fiera non si poté più celebrare (2) ».

    Non contento di ciò, complice il Carbone, il signor Cafieri, cominciò a impedire il passaggio sulle vie che attraversavano il latifondo col far scavare fossi, piantare siepi, collocare catene di ferro infisse a pilastri fabbricati ai lati dei tratturi.

Spesso si usava violenza contro gli inermi cittadini. 

    Il Sindaco di Genzano, con opportune ordinanze, provvide a far rimuovere gli ostacoli e così ebbero origine altre liti che si sono protratte sino ai nostri giorni.

    Si tentò anche di impedire, siccome era avvenuto per la fiera, l'annuale pellegrinaggio al Santuario di Monteserico, ma questo secondo colpo non riuscì e giustizia venne fatta al popolo.

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(1) Avv. Rossi.

 (2) Avv. Marotta