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 GENZANO DI BASILICATA- Cronografia - di Ettore Lorito

PARTE PRIMA

CAPITOLO III

DIRITTI DELL'UNIVERSITÀ DI GENZANO SUL MONTE SERICO

    Da epoca non bene precisata, ma certamente dal 1430, tempo in cui gli abitanti dello scomparso Comune di Monte Serico si fusero con quelli di Genzano, la nostra Università vantava, sul territorio di Monte Serico, i seguenti diritti: I. Legnare nei boschi di tutto il territorio; 2. Far pascolare gli animali tanto nei boschi quanto nei terreni non coltivati; 3. Far celebrare la Santa Messa in tutte le domeniche e nella festività di Maria SS. di Monte Serico nella Cappella esistente sulla spianata del Castello; 4. Recarsi in quel Santuario, processionalmente, clero, confraternite, popolazione nella prima domenica di maggio di ogni anno, a piedi, a cavallo ed anche in vettura; 5. Tenere la fiera sui quattro carra di terreno annessi alla Chiesetta di proprietà della medesima; 6. Spigolare; 7. Raccogliere: cosche, ferule, funghi, ghiande; finocchi, asparagi, lumache e ogni qualità di erbe e foglie selvatiche.

    Ma i feudatari di Monte Serico, come tutti gli altri del reame, per liberarsi della servitù degli usi civici, creavano sempre difese nonostante la Prammatica «Item bovem» del 10-061282 che vietava la creazione di nuove Difese.

    Per infrenare ancora una volta tali abusi si emanò, il 14-12-1483 la prammatica 1^ « De Salario: Terrerii» che revocava le nuove concessioni dai Feudatari ottenute.

    Infine Carlo V emanò, nel 1536, la Prammatica «De Baronibus», con la quale stabilì che, per costruire le nuove difese occorreva il consenso dei vassalli oltre quello Reale, ma le cose non migliorarono se non in minima parte.

    L'Università di Genzano solamente in data 11-5-1624 provvide a far sanzionare i suoi diritti della R. Camera della Summaria contro il Castellano della Marchesa Colabrìtto di Minervino, che in quel tempo era signora di Monte Serico, e contro gli affittatari dell'erbaggio.

    In seguito alla querela di turbativa contro la Calabritto e gli affittatari, la Real Camera, con provvedimento del 24 maggio riservato e registrato nel volume « notamentorum » di quello stesso anno «per essersi arbitrato di impedire gli esercizi degli usi civici dei comunisti di Genzano» decretò: «È vietato al Castellano della Marchesa Colabritto ed agli affittatari di molestare i comunisti di Genzano allorchè si recano per far legna, raccogliere cosche, ferule, asparagi, lumache, cicorie, funghi, finocchi ecc. ecc., nonchè a pascolare i greggi ed animali, secondo han praticato ab antiquo immemorabili, sotto la pena di once 25». «D. Salma referente, fuit provisum fieri consultationem ad beneficium universitatis Gentiani Provinciae Basilicatae. quod gaudeat, tanquam Camera riserbata, immutatem a primo Mai ante,".

    Ma i disturbi continuarono tanto che la stessa Camera nel di 24-5-1640, emanò un secondo decreto al riguardo.

    Gli incidenti non finirono ed il 14-11-1695, il Sindaco ed il Capitano di Genzano si affrettarono a notificare alla Marchesa Colabritto, per l'osservanza, quanto in favore dei Genzanesi era stato decretato.

    La copia dei provvedimenti venne accompagnata dalla seguente lettera: «Genzano, lì 14-11-1695 - All.ma ed Ecc.ma Signora e padrona nostra sempre affezionatissima, Ab antiquo questa Università, suoi cittadini ed abitanti in essa, tutti vassalli di Vostra Eccellenza, sono stati soliti cogliere diverse foglie selvaggie e ghiande nel Feudo, di Monte Serico, in virtù di provvisioni della R. Camera, copia della quale qui congiunta rimettiamo a Vostra Eccellenza, affinché si degni riconoscere l'antichità di questo jus, contro la  somma del quale mai da chi si sia persona è stata innovata cosa alcuna.

    Solo oggi ci viene impedito da guardiani ed altre genti di Vostra Eccellenza, con dipegnare, strapazzare, e minacciare li nostri cittadini, che vanno a ghiande; bontà di V.  Eccellenza non permetterà pregiudizio simile a questi suoi vassalli; volentieri avremmo preso congiuntura di farle riverenza, ed assieme supplicarla di dar ordini alle dette sue genti  che il tutto è noto al suo Fattore Agostino Pasquale e supplicando l'Eccellenza Sua le facciamo umilissima riverenza ».

    Ma nulla si ricavò tanto che in seguito a reclamo dell'Università il 22-6-1701 la stessa Camera emanò un terzo decreto contemplando, per i trasgressori, una multa di ducati mille.

    Con lo stesso provvedimento si impose alla «Gran Dogana della Mena delle Pecore» (creata da Alfonso d'Aragona con la Prammatica dell'1-8-1477 con funzioni di ente amministrativo e di tribunale speciale) di esigere le multe dalla Signora Colabritto ogni qual volta; il Castellano e gli affittatari di Monte Serico osassero disturbare i comunisti di Genzano che si recavano nei territori e nei boschi di Monte Serico per l'esercizio dei loro diritti.

    Il volume delle consultazioni dell'anno 1624 scomparve dal grande Archivio dell'ex reame di Napoli e con esso, i fascicoli (Mazzi) 393 e 394 che contenevano le Pandette relative alle controversie sul Monte Serico.

    Però nell'archivio del Tavoliere delle Puglie, nel volume n. 1016 degli atti, sotto il titolo: Monte Serico, vi sono le tre copie legali dei decreti della R. Camera della Summaria.

    Le cose andarono avanti in mezzo a continui contrasti finché si giùnse al 1799 epoca in cui i francesi, considerando che il Tavoliere e le terre annesse (fra cui il Monte Serico) fruttavano appena la somma annua di ducati 449.259(1), allo stesso modo operato per i beni appartenenti agli enti religiosi, ne disposero il decentramento sotto forma di Enfiteusi irredemibile, in barba alla vigente ordinanza del 1566 con la quale Carlo IX aveva vietato l'alienazione dei demani.

    Nel 1798, con sovrano provvedimento, venivano riconosciuti i nostri diritti sul Monte Serico.

    Nel 1806 fu abolita la feudalità ed emanata la legge del 21 maggio,ma, a differenza di quanto era avvenuto per i beni ex ecclesiastici ed ex feudali, gli usuari del Tavoliere.. e quindi di Monte Serico, non potettero ottenere i distacchi territoriali nella contemplata misura della dodicesima parte dei terreni seminativi. Ciò parte per l'ignoranza delle disposizioni di legge, parte per l'indolenza dei comuni, parte per l'opposizione sistematica dei censuari.

    Col rescritto del 17-12-1806 venne tolta la giurisdizione sul Tavoliere e sulle terre annesse, ai Consigli dell'Intendenza, alla Real Camera della Summaria, al Sacro R. Consiglio, alla Gran Dogana della Mena delle Pecore di Foggia e data ad un'unica magistratura inappellabile chiamata: «Suprema Giunta del Tavoliere di Puglia».

Nel 1807 furono censiti i terzi di Monte Serico dalla Giunta del Tavoliere e in data del 27 aprile dello stesso anno venne emanato un bando in favore degli usi civici di Genzano sul Monte Serico. All'art. 3° dello strumento 25-2-1809 si mettevano quegli usi a carico dei censuari(2).

    Si ebbe un periodo relativamente calmo durante il governo dei francesi ma le liti si accesero con più asprezza durante il periodo della restaurazione borbonica.

    Con la legge 13-1-1817 il governo borbonico gravò di una tassa d'entrata supplementare i nuovi censuari e diede facoltà, a chi venisse leso nei suoi diritti, in conseguenza delle nuove censuazioni, di reclamare, nel termine perentorio di un anno.

    Rimaneva fermo il rescritto del 2-1I-1811 che ordinava, prima di concedere le censuazioni, di chiedere ed ottenere il consenso del Municipio usuario.

    In pratica tale consenso non si chiese mai almeno per quello che riguardava Genzano e il Monte Serico.

    Il Commissario Gagliardi, intendente di Potenza, convinto del buon diritto dei genzanesi in merito agli usi civici, con provvedimento che onora altamente l'equanimità di detto funzionario, dispose che venissero divise le Difese di Monte Serico censite dalla Giunta del Tavoliere delle Puglie e ne assegnava la quarta parte al nostro Comune e propriamente quella pervenuta dalla Regina Apollonia.

    La Direzione Generale del Ministero delle Finanze in seguito alle odiose manovre dei signori censisti, con regolare nota n. 1725 del 17-7-1813, diede ordine all'Intendente di Potenza perché non si desse esecuzione all'ordinanza Gagliardi.

    Anche il Ministero delle Finanze, con nota N. 2190, diretta all'Intendente di Capitanata si dolse del provvedimento e non se ne fece più nulla (2).

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(1) G. Galante. Toma II. Nuova descrizione storica geografica delle due Sicilie.

(2) Avv. Marotta