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 GENZANO DI BASILICATA- Cronografia - di Ettore Lorito

PARTE GENERALE

CAPITOLO II

I PRIMI ABITATORI DELLA REGIONE

 

    Gli storici concordemente affermano che la culla del genere umano sia stata il centro dell'Asia e che di lì si sparsero per tutto il mondo le prime Tribù non appena i bisogni di vita, crescenti col crescere della popolazione, imposero una tale necessità.

    Nel terzo movimento espansivo verso l'occidente, si ebbero i primi sbarchi nelle isole Egee da parte dei più audaci, chiamati Galli, che vuol dire «esploratori».

    Approdarono anche nel fondo dell'attuale golfo di Taranto (Sinus Basilicus) in luogo detto Tursi, che significa: Porta dell'Occidente.

Alcuni di questi ardimentosi risalirono le vallate dei fiumi e si accamparono intorno al meraviglioso lago che circondava il luogo ove sorse poi la città di Potenza.

    Detto lago, per la sua limpidezza, chiamarono « Base», che significa « Lago Lucente», ed il fiume che dal lago scaturiva, dissero Basento.

    Naturalmente i Galli attendati in questa zona si dissero Basi, per distinguerli da quelli che presero altre vie, e la Regione si disse Basilicata o Basilica.

    Sopraggiunte, in epoche posteriori, altre e più numerose tribù, quando il lago era scomparso, e col lago la parola che lo rappresentava, i nuovi arrivati chiamarono il capo degli abitanti esistenti lì col nome generico di Lucana (Lu-Kan) ossia re del luogo, lucani gli abitanti che a lui ubbidivano e l'intera Regione venne detta Lucania (1).

    Altri esploratori, saliti lungo le rive del Bradano e del suo affluente Basentello, si fermarono nei punti più elevati e sorsero i paesi della nostra zona.

    A tale epoca preistorica rimonterebbe l'origine di Genzano, come si riscontra in una delle più belle leggende tramandate dai nostri antenati.

LEGGENDA

Si narra che Jens, oltre ad essere il più bello dei giovani pastori della regione, era un valentissimo cacciatore ed un divino suonatore di flauto. Le melodie che ricavava dal suo magico strumento incantavano anche le belve più feroci.

    La fama del prodigioso pastore arrivò sino al Re dei Vasi o Basi (2) che lo fece cercare per sollevare il velo di improvvisa tristezza abbattutasi sull'animo della bella figliola.

    Le misteriose melodie incantarono quelle rozze anime primitive e fecero ritornare il sorriso sulle labbra della superba San.

    Ma a poco a poco quelle note scesero nel cuore della giovinetta... e fiorì l'amore.

    I due giovani si amarono in silenzio con la schiettezza e la violenza delle anime semplici. Una notte scomparve il canoro pastore e, con lui, la bella San.

    I giovani innamorati salirono, per sentieri impraticabili, lungo le rive del Bradano sino alle caverne abitate dalla famiglia di Jens inutilmente inseguiti dagli scherani del furibondo Re.

    Per onorare la bellissima ospite e Regina e per darle un degno e più sicuro ricovero, si decise di fondare una nuova sede sulla colline che dominava le caverne fino a quel momento abitate, sede

che dal nome dei fortunati amanti, si chiamò: Jénsan'(3), indi Jénzano (4) poi Gensano sino alla fine del 1600, ed in ultimo Genzano.

PARERI DI ALCUNI SCRITTORI

    Gli studiosi, che casualmente si occuparono del nostro paese, senza fermarsi intorno alle origini, affermano che il nome di Genzano sia derivato da quello gentilizio «Gentius» che per primo ne fu signore (5). L'esistenza di tale personaggio ritrova conferma nella «Platea di tutti li corpi de' Territori posseduti dal Rev.mo Capitolo della Terra di Genzano, eseguita il 20 Maggio 1734 dal R. compassatore Berardino Ferrara di Capracotta provincia di Lucera e contrada del Molise», il cui originale trovasi in casa Polini.

    Nella relazione finale di detta Platea si legge: "che li territori del Rev.mo Capitolo di Tomola 607 e mezzo provengono dal fu Genziani".

    Sta di fatto che nel catalogo dei Baroni Normanni è registrato un Raul de Genziano, ma i Normanni apparsero in Italia Meridionale il 1016 (6) e Genzano, come si vedrà nel Capitolo seguente, ufficialmente apparve nella storia circa otto secoli prima.

    Noi siamo d'accordo sull'esistenza del valoroso Raul ma invertiamo i termini e sosteniamo che il signore prese il nome dal luogo preesistente che governava, come normalmente avveniva.

    Molti ritengono che il nome derivi da Gentianum, e starebbe ad indicare «Gente abitante il luogo salubre».

    Siro Corti nel suo libro: « Le Province d'Italia » - Paravia 1889, lo crede fondato nel X secolo col nome di Cyntianum.

    L'avvocato De Nozza Alfonso è d'avviso che il nome del nostro paese derivi da «Gensanus» e sta ad indicare, gente antica, gente vecchia, e ciò perché nell'idioma latino, “gens“ significa "gente" e "anus" significa "antica, vecchia".

    Questo parere concorda con la leggenda avanti riportata ed è perciò da noi condiviso, a parte tutto ciò che si è detto intorno alle origini ed al nome, di certo Genzano fece parte della Magna Grecia, ne fanno fede le numerose monete greche di tutte le epoche, rinvenute dentro e fuori l'abitato attuale, inoltre il popolo ha conservato, con la semplicità e durezza dei modi molti usi e costumi greci negli sposalizi, nei riti funebri, nel modo di vestire, come ha conservato nel dialetto moltissime parole greche: osserva Tommaso Andreucci per la sua Grottole (e l'osservazione vale per quasi tutti i nostri paesi) che la consegna della chiave dell'abitazione alla sposa non appena mette piede in casa dello sposo, (in uso a Genzano sino a pochi anni indietro); il trasporto della biancheria e del corredo della "zita" (sposa) in canestri scoperti; gli archi trionfali formati con due lunghe canne legate ad una delle estremità e rivestite di nastri colorati, con fazzoletti serici pendenti; l'ispezione al lenzuolo, o a qualche altro capo di biancheria... per assicurarsi se Imene sia stato propizio agli sposi (da poco disusato), sono di origine greca.

    Del pari, nei riti funebri, sono di origine greca: l'uso di raccogliere l'ultimo respiro del moribondo e di chiudere gli occhi al morto da parte del parente più prossimo; il piangere i morti con i capelli sciolti da parte delle nostre donne; l'assoldare persone per far piangere e tessere le lodi del defunto, da parte delle famiglie agiate (disusato); mettere nella bara delle monete perché l'estinto possa pagare Caronte (disusato) ; portare il “cunsule“ cioè il pranzo di conforto che, a turno, i parenti e gli amici offrono alla famiglia colpita dal lutto; il modo di vestire delle nostre donne del popolo, usato sino a qualche decennio fa, era prettamente greco.

    Nel nostro dialetto si conservano ancora moltissime parole di origine greca, ed infatti: l'agnello tardivo si dice “curdasch (e)" dal greco "χσρτον" che significa ultimo nato (7); il grande "caldaio" che usano i pastori, si dice "caccav(e)" dal nome greco "χαχπαβή ; il nome della catena di ferro che sostiene il "caldaio", nel dialetto nostro si dice "camastr (e)" dal greco "πρεμάστηρ"; un terreno ingrassato con lo sterco delle pecore, si dice "cortigli (e)" che deriva dal  greco "χòμρον = sterco e stalla"; allora allora, si dice « tan tan » dal greco "ταμος = allora" (8); al capo al capo, si dice "a u pomic (e) a u pomic (e)" dal greco "Ποιμήν = pastore, guida (9) "; "tat(à)"(10), padre, deriva dal greco "τατά" (3) che significa: "babbino"; il padre si chiama anche "attan(e)" dalla parola greca "άττά" che significa "padre"; "vastas(e)" si chiama il portatore di grossi pesi e deriva dal greco "βαστάςω" che significa: portare, sollevare; tavut (e) si dice la cassa funebre, dal greco "τάφος" che significa: fossa, sepoltura; la centr (e) si chiama in dialetto il chiodo, dal greco "χέντρον"; "rumat (e)", si chiama il letame, dal greco "ρùμα" che significa: sudiciume; là stilla si dice "stèzz(e)" dal greco "στάξω" che significa: gocciolare (9) ecc. ecc., infine uno dei tre valloni che circondano l'abitato porta il nome di Vallone dei Greci.

    Disgraziatamente non é pervenuto a noi nessun documento relativo a dette epoche perché tutto venne distrutto dagli incendi, spesso dolosi, che si susseguirono in danno degli archivi comunali l'ultimo dei quali, il più disastroso, risale al 1825 e distrusse anche l'archivio della Congrega di Carità che aveva in custodia gli atti delle comunità, degli enti, degli ordini religiosi soppressi, con le leggi del 1769 e del 1799, nonché i codici del Castello di Monteserico.

Molti altri documenti, dai quali si potevano attingere sicure notizie, furono sottratti... per non dar modo al Comune e al nuovo Stato Italiano di rivendicare le innumerevoli usurpazioni, e al popolo il modo di conoscere certe improvvise fortune.

    Alcuni pensano (non vi é conferma di sorta) che un tempo Genzano, come gli altri borghi vicini, dovette essere un pago della antica Banzi.

    Secondo il Giannone, i Lucani vivevano divisi in piccole borgate molte delle quali avevano un foro, una curia, i comizi e i magistrati comuni, questa riunione essi chiamavano Civitas, ed il luogo dove si riunivano chiamavano Urbs.

    In conseguenza la città di Bantia non era formata da soli bantini ma dagli abitanti di tutta la confederazione dei borghi che formavano la Repubblica Regionale di cui Banzi era come la Capitale.

    Cosi si spiegherebbe il fatto della Tavola Bantina rinvenuta il 1793 in Oppido antica (Opinum), dal Racioppi collocata presso la "Serra Gravinese", "Aia Vetere" che è nel territorio di Genzano.

    Il signor Domenico Cardacino, proprietario in detta contrada di una vasta e moderna azienda agricola, ha rinvenuto una serie di tombe a circa tre metri di profondità dal suolo, alcune di esse completamente vuote, altre con delle sole ossa umane; in una sola, tra quelle esplorate, si è rinvenuto un piccolo spadino arrugginito.

    Le tombe sono formate di lastroni di pietra ed alcune hanno il coperchio di terra cotta, manca il segno della Croce per cui sono di epoca anteriore al Cristianesimo.

    Nella stessa zona il signor Cardacino ha scoperto i resti di una conduttura di acqua, tutto ciò avvalora l'ipotesi dell'esístenza colà di un centro abitato che potrebbe essere "Opinum" del Racioppi.

 

 

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(1) Michele Mancini. Origine preistorica dell'uomo in Italia, della città di Potenza e della provincia di Basilicata. Melfi. G. Grieco. 1907.

(2) Nel nostro dialetto la lettera b, in molti casi, si cambia con la lettera v; esempio Vocca per bocca; vasi per baci, ecc. ecc.

(3) Michele e Lorenzo Trusolino

(4) In dialetto si dice ancora: Jenzano. Lo storico Camillo Porzio, nella " Congiura dei Baroni contro Ferdinando I d'Aragona ", scrisse: ...si perdette Spinazzola  e Jenzano.

(5) Flechia, Laccetti, Gattini, Cherubino.

 (6) Rinaudo. Storia del Medio Evo.

(7) Il significato letterale è : giovinetta, (termine propriamente dei poeti bucolici).

(8) T. Andreucci, opera citata.

(9) Dott. Prof. Pasguale Mainenti

(10) Dott. Prof. Cappiello.