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Il Romanzo di Monteserico, SOTTO L'ARCO DI EROS di Ettore Lorito

PARTE SECONDA

 

La vita nel castello

 

    Il magnifico giardino, oltre il ponte levatoio e sottostante alla parte sinistra del castello, è un bosco di rose contrastante con la severità dell'ambiente; in giro, lungo i capaci viali, sotto artistici archi di piante sempre verdi, occhieggiano le marmoree statue profuse, con signorile buon gusto, dalle mani esperte della vecchia contessa.

    Particolarmente bella è la « Fonte delle Sirene » circondata da piante che lasciano appena passare qualche raggio di sole, tanto spesse e ben disposte sono le verdi loro chiome.

    Sullo sfondo del viale prin­cipale, una candida gradinata si stende, come una de­gradante terrazza, sino al sottostante vigneto.

    Rodolfo e Clotilde siedono nella profumata Rotonda della « Fonte delle Sirene » e si specchiano nella limpida acqua che zampilla, silenziosa e fresca, dalle turgide poppe delle tre marmoree statue che danno il nome alla fonte.

Rodolfo, ormai diciassettenne, è più melanconico del solito e sfoglia, distrattamente, un libro, mentre il suo pensiero è molto ma molto lontano.

Clotilde, quindicenne, è piena di vita come un uccello in amore; non riesce a star ferma e si mette a svolazzare pel giardino; nel correre, pare che la semplicissima veste bianca voglia lasciarla nuda, tanto le mette in evidenza le braccia, il seno, i lombi; affascinante, per la grazia del suo flessuoso corpo ben tornito, a causa della precoce pubertà, non ha bisogno di sfarzoso abbigliamento.

     Ha, però, l'aria di una innocente bimba, all'improvviso, coglie un mazzo di rose e, china dietro il fratello, le sfoglia, ridendo, sul capo, sul petto., sulle mani di lui. Ma Rodolfo non pare destarsi dai suo sogno di malinconia, allora la fanciulla, indispettita, si avvicina ai rosai e comincia a tempestarlo con una pioggia di rose sempre più forte, come si accanisce e si eccita nel suo giuoco.

    Ben presto, il giovane è coperto di petali rossi, gialli, bianchi, ella lo stimola, lo provoca col suo giuoco e col suo riso e allora, Rodolfo, sente in lei la facile preda dei suoi giuochi infantili e si mette a rincorrerla per i viali fino a che non l'ha raggiunta sui primi scalini della gradinata, la stringe fra le braccia robuste e la bacia sulla bocca che ride.

Clotilde ha le vertigini; le pare come se i gradini si sprofondassero indefinitamente. - Lasciami, Rodolfo, soffoco - mormora la fanciulla mentre la pioggia di baci, non meno bella di quella delle rose, imporpora il viso della contessina.

    Stanchi, anelanti, turbati da imprecise sensazio­ni, a volte piacevoli a volte dolorose, i giovani rimangono inchiodati sulla gradinata mentre gli ultimi rag­gi del sole che tramonta, indorano la bella coppia.

    A rompere l'incanto e a richiamare Clotilde e Rodolfo alla realtà della vita, sullo sfondo del meraviglioso quadro, appare l'austera figura dell'anziana istitutrice per annunziare una novità che aveva messo in subbuglio il castello: il marchese don Xxxxxx, cognato della vecchia contessa, da qualche giorno a Genzano, annunziava, per la fine della settimana, una v­sita a Monteserico in compagnia dei due figliuoli, Elena e Gastone.

    Madama Duperré invitò i giovani a rientrare nel castello perché evidentemente sudati e si era levata una fresca brezza che poteva arrecar loro del male, fu ubbidita senza alcuna osservazione, giacché l'autorità della istitutrice era illimitata e ben a ragione.

Da anni, adempiva alle sue mansioni con fedeltà, onore e giustificata severità nell'esclusivo interesse del casato.

    Donna di elevata cultura e di severi costumi, veniva apprezzata e ubbidita da tutti, Il suo viso rubicondo, atteggiato a disgusto, lasciava indovinare un carattere autoritario, invano simulato sotto un sorriso pretenziosamente elegante, residuo di una bellezza da tempo svanita, alta, corpulenta, dal seno che sporgeva esageratamente in avanti, aveva la chioma grigia arricciata da una frangia di riccioli finti armonicamente situati sulla bella testa, era veramente imponente.